Articolo 9
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Apprendimento lungo tutto il corso della vita | Lifelong learning | Formation tout au long de la vie |
Le continue innovazioni nei posti di lavoro e l'allungamento della vita lavorativa rendono necessario l'apprendimento lungo tutto il corso della vita. L'apprendimento può avvenire in modo formale od informale, attraverso la formazione professionale oppure nello svolgere il proprio lavoro. In quest'ultimo caso non è sufficiente lavorare per apprendere, fare per sapere: occorre saper riflettere criticamente su ciò che si fa, rendere esplicito ciò che è tacito, saper dialogare e comunicare, e reperire le informazioni che sono necessarie per lo svolgimento e miglioramento dei compiti di cui si è responsabili.
In un'economia basata sulla conoscenza e sulla continua innovazione diventa problematico stabilire qual è la conoscenza utile alle persone che lavorano, a seconda della loro età, del settore, del posizione di mercato dell'impresa in cui operano o intendono operare. In un'economia dove la conoscenza teorica e pratica sono in continua evoluzione chi fornisce formazione deve anche essere in grado di fare analisi ad ampio spettro per sapere cogliere i cambiamenti nel mondo del lavoro e della produzione e le necessità di supporto all'apprendimento delle persone che lavorano. In un'ottica innovativa chi fa formazione dovrebbe anche saper fare ricerca. E sapendo fare ricerca trasmettere ai "clienti" l'atteggiamento critico e del saper rendere ragione delle scelte che è proprio del fare ricerca.
In questa prospettiva lavoro, formazione, apprendimento, ricerca ed innovazione sono strettamente connessi e i flussi di conoscenza che tra queste diverse attività circolano si autoalimentano nel processo critico e di riflessione, generando altra innovazione e conoscenza.
Diversi sono gli agenti che possono agevolare tale connessione e flussi di conoscenza: chi si occupa di fare formazione è sicuramente tra gli attori più importanti e strategici. Oggi la figura di chi fa formazione è ancora troppo legata ad una concezione fordista della produzione, in cui il sapere è separato dall'esecuzione, secondo il principio tayloristico che distingue le funzioni di chi sa e progetta da quelle di chi esegue. In questa concezione la conoscenza è concepita come standard, frammentabile e comunicabile a blocchi e moduli, identica per qualsiasi contesto.
Il problema della variabilità dei contesti viene affrontato attraverso il concetto di trasferibilità delle conoscenze. A mio modo di vedere concettualizzare il problema come trasferibilità non è sufficiente. Concordo con le scuole di pensiero che sottolineano la situazionalità, storicità e materialità di ogni contesto e dei suoi saperi. Nell'economia della conoscenza occorre mettere in relazione i diversi saperi in modo critico e riflessivo per produrre continua innovazione, e sia i saperi sia la loro messa in relazione è strettamente legata ai contesti produttivi di beni e servizi, nella specificità delle loro dinamiche storiche e culturali.
(a cura di Maria Cristina Migliore)
A chi visita questa pagina ed è interessata/o a vario titolo al tema della formazione:
come avviene la formazione professionale di chi è già nel mondo del lavoro in Italia e/o in altri paesi? in base a quale concezione di conoscenza si fa formazione? quali relazioni ci sono tra ricerca, formazione, innovazione e lavoro?
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Il dialogo
Franco,
le riflessioni che hai fatto sulla differenza tra beni materiali (merci) e beni immateriali (idee) nella pagina di Crisis sono molto interessanti e opportune. In effetti l'economia basata sulla conoscenza introduce nuove dinamiche e meccanismi. Da un po' di tempo assistiamo alla trasformazione della nostra economia che passa da economia dei beni materiali ad economia di beni ad elevato valore aggiunto, cioè valore che deriva dall'applicazione di conoscenze innovative. In questo tipo di economia la ricerca e chi fa ricerca diventano strategici, cosi' come diventa strategico avere attori che sanno usare le evidenze fornite dalla ricerca e policy makers che credano nell'importanza della ricerca. Il passaggio però - come tutti i passaggi e trasformazioni - significa che per un certo periodo convivono pratiche e modi di pensare vecchi, e il passaggio è tanto più lento quanto i meccanismi della mobilità sociale sono bloccati. Così oggi si cerca ancora di trattare le idee come fossero beni materiali. Non sono esperta del campo e quindi mi fermo. So che Cristiano Antonelli scrive cose interessanti a proposito. Quello che voglio dire qui è che quanto hai scritto ha delle connessioni con quanto ho scritto nell'introduzione a questa pagina dedicata all'apprendimento permanente, in particolare quando pongo la questione della conoscenza che si cerca di trasmettere nel sistema della formazione professionale e propongo di riflettere sul fatto che questa conoscenza dovrebbe essere molto più dinamica di quanto sembra apparire, più vicina a quanto avviene nei luoghi di produzione. Nello stesso tempo però la conoscenza che si vuole sviluppare (non mi piace il termine "trasmettere" per le sue implicazioni teoriche) attraverso la formazione dovrebbe essere alimenta dalla ricerca. Chi fa formazione dovrebbe anche fare ricerca e/o saper usare i risultati delle ricerche.
A proposito di ricerca nel settore educativo, un articolo di Levin (2004) ricorda che l'OECD ha segnalato che meno dell'1% degli investimenti nell'istruzione è dedicato alla ricerca, mentre nel settore sanitario la percentuale di denaro destinato alla ricerca è ben maggiore. Willinsky (2000), citato da Levin, ha invece calcolato che negli Stati Uniti nonostante il personale nelle scuole superiori sia maggiore della forza lavoro impiegata nei settori dell'acciaio, automobilistico e tessile, gli investimenti in ricerca sono molto maggiori in questi ultimi che non nel settore dell'educazione.
Per concludere, questo post-it è solo per ribadire il legame tra economia della conoscenza, tipi di beni che si producono in essa, necessità di lifelong learning e necessità di ricerca non solo per creare nuovi prodotti ad elevato valore aggiunto ma anche per capire cosa significa fare lifelong learning in una società ed economia della conoscenza. La prossima volta magari ci interrogheremo invece su quanto davvero la società della conoscenza sia solo fatta di eccellenza, high tech, elevati skills, conoscenza sofisticata.